Ma alla fine chi vincerà queste elezioni?

In un certo senso questo articolo nasce già un po’ vecchio, essendo che a breve dovremmo essere a conoscenza dei risultati delle elezioni presidenziali negli Usa, salvo ritardi particolari dovuti al conteggio dei voti per posta. Eppure tutti noi, chi più chi meno, si è fatto un’idea di come andranno queste elezioni. Da una parte ci sono i cinici, i pessimisti e gli esaltati di estrema destra che dichiarano da tempo che la rielezione di Trump è assicurata; dall’altra troviamo gli speranzosi e gli ottimisti, i quali sono sicuri che “gli americani non saranno così stupidi da votare di nuovo per lui, giusto?”. In qualsiasi modo si guardi la situazione è chiaro che queste non sono delle normali (per modo di dire) elezioni presidenziali: il fatto che vinca Trump o meno cambierà letteralmente il corso della storia.

Lasciando perdere i numeri (vi ricordo che negli USA non ha importanza il voto popolare ma quanti stati riesce a conquistare un candidato) nessuno sa come andranno le cose, e chiunque dica il contrario è in malafede. Quello che è sicuro è che in molti nel nostro paese biasimano Biden, giudicandolo “non adatto” a ricoprire il ruolo di presidente degli Stati Uniti. Chi è di sinistra lo giudica “non abbastanza di sinistra” (una frase che ha sempre portato molta fortuna negli ambienti progressisti). I moderati invece ritengono che il Partito Democratico americano si sia spostato troppo a sinistra negli ultimi anni, soprattutto tramite la presenza di figure come Bernie Sanders e Alexandria Ocazio-Cortez, i quali si autodefiniscono socialisti (quelli che da noi, in Europa, chiameremmo socialdemocratici). Queste “approfondite” analisi politiche non sono altro che la proiezione della nostra mentalità nel panorama statunitense. Come spiegato da Francesco Costa, vicedirettore del Post, nel suo libro “Questa è l’America”, gli USA sono uno dei paesi che pensiamo di conoscere di più ma di cui concretamente sappiamo pochissimo.

Seppur storicamente gli Stati Uniti siano nati da una costola dell’Europa la mentalità e il modo di agire statunitense è completamente diverso da quello della maggior parte dei cittadini europei. Non dico che sia quindi errato esprimere pareri sul candidato democratico, ma che le nostre preferenze personali valgono poco applicate a un contesto completamente diverso dal nostro. Inoltre considerare Biden un candidato di seconda classe mi sembra evidenzi la miopia politica che imperversa in Italia. Joe Biden è stato il vicepresidente di Obama per 8 anni (un ruolo mica da poco), è un politico con una grande carriera e una storia personale alle spalle straordinaria, che vi consiglio di recuperare. L’accusa di “non essere abbastanza carismatico” onestamente mi sembrano un po’ puerile. La retorica del leader carismatico non ha portato a grandi risultati nel nostro paese. Il carisma è necessario, ma è solo una componente di una buona leadership. Prima di tutto ci vogliono competenze e contenuti, e Biden e il Partito Democratico statunitense ne hanno da vendere. Contenuti che sono distanti anni luce da quelle di Trump e del suo partito le quali, per chi si fosse addormentato negli ultimi 4 anni, sono diventate sempre più estreme.

E’ vero che Biden sia piuttosto vecchio e stia perdendo colpi. Ma vorrei ricordare a tutti i critici che egli non è un candidato calato dall’establishment del partito. In America, a differenza di quello che accade per la maggior parte dei partiti qua in Italia, i candidati alle presidenziali vengono scelti tramite primarie democratiche, in cui gli elettori del partito votano più o meno direttamente per eleggere il loro leader. Quest’anno i candidati sono stati numerosi e hanno mostrato le mille sfaccettature del partito. La maggioranza degli elettori Democratici ha scelto Biden ( e no, non perché ci sia stato un colpo di mano nei confronti di Bernie, che ha sempre avuto poche chance di vittoria, soprattutto tra i latinoamericani), e questo significa una cosa chiara: molti americani sono stufi di anni di polarizzazione, scontri, mancanza di compromesso. Biden è un perfetto esempio di politico in grado di convincere gli elettori più moderati tra i repubblicani, ed è questo ciò che dovrebbe fare un leader: cercare di unire un ampio numero di persone, senza per questo tradire i suoi principi. Onestamente è un po’ imbarazzante che in un paese come il nostro, dove i leader vengono scelti per acclamazione o per mancanza di alternative, si vogliano dare agli Stati Uniti lezioni di democrazia

Quello che vorrei far capire è che non si sta scegliendo, come puntualmente accade in Italia nonostante il gran numero di partiti, tra il “meno peggio” e il “peggio”. Gli americani sceglieranno tra la “luce” e le “tenebre”, come ha fatto intendere Biden nel discorso finale alla convention democratica. Credete stia esagerando? Sono il primo a credere che in politica i manicheismi siano inutili e spesso dannosi: ma bisogna considerare i singoli casi. Stiamo parlando della possibilità di riavere per quattro anni a leader di una delle nazioni più potenti al mondo un uomo che ha rispettivamente: aumentato le tensioni internazionali con la Corea del Nord e l’Iran; abbandonato totalmente i propri alleati europei; portato gli Usa fuori dagli accordi sul clima, dall’OMS e da altre organizzazioni internazionali; aumentato le tensioni commerciali col colosso cinese; aumentato le divisioni all’interno del suo stesso paese; sostenuto indirettamente l’estrema destra americana; soffiato sul fuoco delle proteste del Black Lives Matter; affrontato in maniera disastrosa la gestione della pandemia, portando alla morte di milioni di americani. E queste sono sono alcune delle cose che ha fatto nel suo mandato: la lista potrebbe andare avanti per molto. Ecco, pensate ancora che altri quattro anni di Trump non siano un salto nel buio?

Sia chiaro: in caso di vittoria di Biden non è che magicamente il mondo diventerà il Paradiso Terrestre. Biden come presidente inevitabilmente sarà in una posizione scomoda che gli inimicherà molti elettori, e sicuramente commetterà errori. E se il suo mandato dovesse rivelarsi fallimentare bisognerà stare attenti: non bisogna dimenticare che Trump continuerà ad attaccare il governo e che negli Stati Uniti esistono ancora molti elettori e politici Repubblicani che ne condividono le idee. Il compito principale di Biden sarà quello di cercare di ricucire le cicatrici del suo paese e spingere i Repubblicani a votare per candidati più moderati. Non è un lavoro facile.

Dalla vittoria di Trump e dalla Brexit nel 2016 l’ascesa dei movimenti populisti è sembrata inarrestabile. Chi oggi si batte contro questi movimenti dovrebbe capire che la sconfitta di Trump non sarà semplicemente un granello di polvere, ma un macigno che avrà conseguenze enormi, e forse finalmente ci permetterà di respirare e di chiudere quella che in futuro verrà ricordata come una parentesi buia nella storia della democrazia. O almeno spero.

(Link ad un utile articolo di Francesco Costa in cui spiega dove devono vincere Trump e Biden per ottenere la vittoria)